Il parere del Consiglio dell’ordine sulla liquidazione delle parcelle forensi non fa stato tra le parti ma è una semplice dichiarazione unilaterale non vincolante. Non solo, l’adeguatezza del compenso richiesto deve essere provata dall’avvocato anche di fronte alla contestazione generica del cliente.
Riprendendo una massima recente (la 8397/2008) la seconda sezione civile della Corte di cassazione torna sulle parcelle legali (3463/2010) per ribadire la tangibilità della pretesa del professionista. A innescare il contenzioso in anni lontanissimi – i fatti risalgono al 1991 —era stato un avvocato abruzzese, che aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per circa 68 milioni di lire nei confronti del comune di Silvi. Il titolo esecutivo era stato impupato dall’amministrazione pubblica davanti al tribunale dell’Aquila, che revocando il decreto ingiuntivo aveva ridotto la pretesa a poco più di un quinto del valore, formulando nello stesso tempo una valutazione e relativo apprezzamento sull’attività professionale svolta nei due gradi di giudizio amministrativo patrocinati dal legale. Nuovamente impugnata, la sentenza di primo grado era poi stata annullata dalla Corte d’appello che, decidendo nel merito a 12 annidi distanza dai fatti, aveva fissato a poco più di 10 mila euro il compenso dovuto, esclusa Iva e interessi legali. Il terzo grado di giudizio era stato richiesto, infine, dal legale, che contestava la disapplicazione dell’articolo 5 allegato E della legge 2248/1865 («le autorità giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali in quanto siano conformi alle leggi»), la violazione del codice civile (art. 2233: «Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice»), della tariffa professionale forense del 1985 (art.5) e infine la mancata rivalutazione monetaria e gli interessi sulla somma liquidata. La Seconda civile ha però respinto tutti i motivi del ricorso. Quanto al parere del competente consiglio dell’ordine sulla congruità della parcella, esso «costituisce una semplice dichiarazione unilaterale, di tal che nell’ordinario processo di cognizione spetta al professionista fornire la prova dell’effettività delle prestazioni prestate, e al giudice il potere/dovere di verificarne la fondatezza anche di fronte alla contestazione generica del cliente». E in merito alle regole sulla tariffa professionale, l’interpretazione di legittimità è nel senso che la somma da considerare per fissare il valore della controversia è quella «riconosciuta spettante con riferimento alla domanda, con la conseguenza che non possono essere computati la rivalutazione, gli interessi, le spese e i danni successivi alla proposizione della domanda di primo grado».
Fonte: Ilsole24ore