Mediazione civile inapplicabile nei giudizi dinanzi al Giudice di Pace?

GIUDICE DI PACE DI CAVA DEI TIRRENI – ordinanza 21 aprile 2012

Il Giudice di Pace, a scioglimento della riserva relativa all’eccezione, sollevata dalla terza chiamata in causa in causa (…) Assicurazioni SpA di improcedibilità della domanda attrice per violazione dell’art. 5 c.1 del D.L. n. 28/22010, che prevede l’obbligatorio preventivo esperimento del procedimento di mediazione , ritiene che l’eccezione della essere respinta,
Secondo il parere di questo giudicante il tentativo obbligatorio di conciliazione per le controversie affidate al Giudice di Pace è già stato previsto dal legislatore all’art. 30 L.n. 374 del 21.11.1991, la cui ratio ispiratrice è quella di tendere a deflazionare il contenzioso.
Invero, la norma di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 28/10 non può essere considerata avulsa dal contesto preesistente, ma deve essere applicata all’interno dell’ordinamento giuridico, nel quale si inserisce.
Occorre quindi affrontare il rapporto tra il suddetto D.Lgs, il giudizio dinanzi al giudice di pace e l’art. 322 c.p.c. e stabilire quale sia la norma da eliminare o da applicare.
Ebbene, l’art. 311 c.p.c. prevede espressamente che “il procedimento dinanzi al giudice di pace per tutto ciò che non è regolato nel presente titolo o in altre espresse disposizioni, è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica in quanto applicabili”.
Tale norma non soltanto si pone in rapporto di specialità rispetto al procedimento dinanzi al Tribunale ma dispone in via diretta che il procedimento dinanzi al giudice di pace è regolato dalle norme del titolo secondo del libro secondo e, per ciò che esso è regolano, da quelle innanzi al Tribunale in composizione monocratica (di cui al capo terzo del titolo primo di detto libro), ed esige che un diverso regolamento risulti da altre espresse disposizioni.
Ne discende che una norma sul rito può essere applicata al Giudice di Pace solo se essa lo disponga espressamente, altrimenti continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al predetto titolo II. Ebbene, il D.Lgs. n. 28/10 non contiene alcun richiamo al processo dinanzi al Giudice di Pace. L’art. 320 c.p.c. stabilisce che “ nella prima udienza il Giudice di Pace interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione. Se la conciliazione riesce se ne redige processo verbale a norma dell’art. 185 ultimo comma. Se la conciliazione non riesce, il Giudice di Pace invita le parti a precisare definitivamente i fatti che ciascuna pone a fondamento delle domande, difese ed eccezioni, a produrre i documenti e a richiedere i mezzi di prova da assumere”. L’art.320 c.p.c. non è stato abrogato dal D.Lgs. n. 28/10.
Ne consegue che applicare la mediazione per le materie del Giudice di Pace comporterebbe una inutile duplicazione di quanto già assegnato alla competenza del giudice di pace ed un ostacolo alla celerità del processo.
L’art. 322 c.p.c. (conciliazione in sede non contenziosa) stabilisce che “l’istanza per la conciliazione in sede non contenziosa è proposta anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, del libro primo. Il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo a norma dell’art. 185 ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di pace . Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio”.
Quindi, il procedimento dinanzi al Giudice di Pace già prevede sia la conciliazione in sede non contenziosa in virtù dell’art. 320 c. 1. c.p.c. che in sede non contenziosa (non prevista dinanzi al Tribunale). Ai sensi dell’art. 322 c.p.c., e tale istituto peesiste al D.Lgs. n. 28/10. Invero, il D.Lgs. n. 28/10 non contiene alcun richiamo al giudice di pace né dispone espressamente l’abrogazione degli art. 320 e 322 c.p.c.
Ne deriva che nel procedimento innanzi al giudice di pace vanno applicate le disposizioni di cui al libro II, titolo II, dall’art. 311 all’art. 322 c.p.c.
Una diversa interpretazione oltre ad essere paradossale sarebbe in evidente contrasto con il delineato quadro sistemico e finirebbe per vanificare lo scopo del legislatore diretto proprio a favorire la conciliazione delle controversie di competenza del giudice di pace, che già svolge ex lege la funzione affidata con il D.Lgs. n. 28/10 al Mediatore.

P.Q.M.

Rimette le parti dinanzi a se per il tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 320 c.p.c., invitando le parti medesime a conciliare le rispettive pretese, rinviando per la formalizzazione dell’accordo conciliativo all’udienza del (..)…2012.
Cava dei Tirreni, 21 aprile 2012.

Il GDP
Dott.ssa Marcella Pellegrino
Un commento a “Mediazione civile inapplicabile nei giudizi dinanzi al Giudice di Pace?”
  1. Quel Giudice (come il G. di P. di Napoli) ha confuso la “Mediazione” con la “Transazione”.

    In Mediazione (con il consenso di tutte le parti) ci si può scambiare documentazione, richiederne di nuova, compiere verifiche, svolgere accertamenti e fare tutto ciò che è possibile a livello informale in modo che, trovando eventualmente la convenienza in una soluzione alla luce dei nuovi elementi a disposizione, si possa evitare il conseguente ed ineluttabile contenzioso legale con un considerevole risparmio di denaro ed energie
    .
    In Giudizio si deve seguire strettamente il C.p.c. e quindi il G. di P., alla prima udienza, effettua solo una la “transazione” tra le parti in base alla “produzione in atti” a disposizione.

    Grazie al termine “conciliazione” (vedere sentenze) i due G. di P. hanno fatto “di tutta un’erba un fascio”, confondendo l’esperimento a loro disposizione (semplice transazione in base ai soli elementi a disposizione) con l’esperimento in sede di mediazione (che prevede l’acquisizione informale di qualsiasi elemento esterno).

    Con la “transazione” il Giudice NON utilizza lo strumento della mediazione, non acquisisce e non valuta nuovi elementi, non può elaborare alternative al conflitto, si “tratta” (si transa) solo in base ai “pochissimi elementi a disposizione” che, essendo per la loro stessa peculiarità carenti ed insufficienti per mancanza di comunicazione tra le parti, sono proprio essi stessi all’origine del conflitto; è un paradosso pensare di risolvere un contenzioso solo in base agli elementi che lo generano.

    Saluti,
    Per. Ind. Mediatore Dott. Marco Ambrogiani

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