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SI RICEVE SU APPUNTAMENTO

Avvocato Paolo Alfano Giurisprudenza civile Disturbo del riposo: responsabilità del proprietario se il cane abbaia

Disturbo del riposo: responsabilità del proprietario se il cane abbaia

Cassazione, sez. I, 14 gennaio 2011, n. 715

(Pres. Vecchio – Rel. Bonito)

Motivi della decisione

1. Con sentenza del 5 ottobre 2009 il Tribunale di Siracusa, in composizione monocratica e nella sezione distaccata di Avola, condannava alla pena di Euro 200,00 di ammenda ciascuno i coniugi xxx , imputati del reato di cui all’art. 659 c.p. perché, non impedendo il continuo abbaiare di due cani pastore di loro proprietà, anche e soprattutto nelle ore notturne, impedivano il riposo e le normali occupazioni dei vicini di casa xxx , nonché dei loro familiari conviventi; in (OMISSIS).

A sostegno della decisione il Tribunale poneva le dichiarazioni testimoniali delle pp.ll., delle quali assumeva la piena credibilità ed affidabilità e la testimonianza di tale xxx, il quale di primo mattino era solito portare e consegnare il pane presso l’abitazione dei prevenuti.

2. Avverso detta pronuncia ricorrono per cassazione gli imputati, assistiti dai rispettivi difensori di fiducia, chiedendone l’annullamento in forza dei seguenti motivi di impugnazione.

2.1 Il difensore di xxx  denuncia difetto di motivazione, violazione di legge in relazione all’art. 659 c.p. e violazione della legge processuale penale per la mancata assoluzione dell’imputata, in particolare deducendo che:

– il contenuto delle dichiarazioni delle pp.ll., diversamente da quanto affermato in sentenza, risultano cariche di “illazioni e supposizioni”;

– il giudicante non ha tenuto adeguatamente valutato la credibilità delle dichiarazioni accusatorie provenienti dalle pp.ll., dichiarazioni per questo interessate;

– il giudicante ha trascurato un dato fondamentale e cioè che nella zona abitata dagli imputati e dalle pp.ll., si ritrovano “decine di cani” di proprietà dei residenti” e “numerosissimi cani randagi”;

– per la ricorrenza dell’ipotesi di reato contestato è necessario il requisito della potenzialità del disturbo arrecato a coinvolgere un numero indeterminato di persone e non soltanto le persone occupanti una abitazione;

– non v’è stata prova nel processo della volontarietà della condotta contestata.

2.2 Nell’interesse invece di xxx si denuncia difetto di motivazione, in particolare deducendo che:

– il giudizio di colpevolezza risulta fondato sulle dichiarazioni delle pp.ll e del teste xxx;

– gli imputati vivono in luogo isolato e non può escludersi che i cani abbiano, di tanto in tanto, svolto la loro funzione di guardiani abbaiando in talune circostanze;

– questo però non significa che essi abbiano potuto abbaiare in continuazione per tutta la notte dal marzo al settembre 2005 e che abbiano in tale periodo impedito il riposo delle pp.ll.;

– il teste xxx ha riferito semplicemente che quando alle ore quattro del mattino consegnava il pane agli imputati lasciandolo sul cancello, i cani abbaiavano, circostanza questa del tutto normale ed inidonea a riscontrare il racconto delle pp.ll., soprattutto nei termini dell’accusa così come contestata;

– contrariamente a quanto sostenuto in sentenza le dichiarazioni delle pp.ll. non sono state affatto tra loro coerenti;

– il processo non ha dato prova dei fatti costitutivi del reato contestato nei profili di fatto denunciati dalle pp.ll.;

– è stata invece provata l’indole docile dei cani degli imputati e non risulta escluso che nella zona agricola, teatro dei fatti di causa, passassero di solito cani randagi;

– anche le pp.ll. erano proprietarie di un cane di razza corsa;

– non vi è prova della capacità diffusiva del rumore indotto dall’abbaiare dei cani degli imputati e della sua capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone.

2.3 Nelle more del giudizio il difensore del xxx ha fatto pervenire un verbale di remissione di querela sottoscritto dagli imputati e dalle pp.ll.., remissione giuridicamente non apprezzabile dappoiché non perseguibile a querela la contravvenzione per cui è causa, mentre il difensore di xxx   ha depositato rinuncia al ricorso di legittimità, anch’essa irritale perché non proposta personalmente dall’imputata nei modi e nelle forme di legge.

3. I ricorsi sono manifestamente infondati.

Ed invero entrambi i difensori sviluppano tesi ed argomenti eminentemente di merito (quelli appena sintetizzati) palesemente volti a fornire una ricostruzione dei fatti diversa ed alternativa a quella motivatamente accreditata dal giudice territoriale e ad introdurre una valutazione dei dati probatori raccolti nel processo diversa da quella motivatamente illustrata dal giudicante. In tal guisa in fatto è il giudizio circa la credibilità delle testimonianze delle pp.ll., motivata in prime cure con la coerenza del loro racconto, non alieno anche da riconoscimenti di circostanze alle medesime sfavorevoli, con l’assenza in esso di contraddizioni e contrasti, con la mancanza nei testi stessi di atteggiamenti persecutori e con il riscontro fornito al loro racconto dalla testimonianza del xxx , estraneo alle parti e testimone diretto dell’atteggiamento aggressivo e rumoroso dei cani a guardia della proprietà dei prevenuti.

Giova a questo punto ribadire che la funzione dell’indagine di legittimità sulla motivazione non è quella di sindacare l’intrinseca attendibilità dei risultati dell’interpretazione delle prove e di attingere il merito dell’analisi ricostruttiva dei fatti, bensì quella, del tutto diversa, di accertare se gli elementi probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee argomentative adeguate, che rendano giustificate, sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte, verificando la congruenza dei passaggi logici, con l’ulteriore conseguenza, anch’esso costantemente ribadito da questa Corte, che ad una logica valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, non può quello di legittimità opporne un’altra, ancorché altrettanto logica (Cass. 5.12.02 Schiavone; Cass. 6.05.03 Curcillo).

Nello specifico le difese istanti contrastano il contenuto della testimonianza xxx, facendogli riferire cose in parte diverse da quelle riportate dal giudicante e ritengono di individuare incongruenze nelle dichiarazioni delle pp.ll. in verità per nulla tali. Quanto ai requisiti del reato, per la sussistenza dell’elemento psicologico della contravvenzione di cui all’art. 659 c.p., attesa la natura del reato, è sufficiente la volontarietà della condotta desunta dalle obbiettive circostanze di fatto, non occorrendo, altresì, l’intenzione dell’agente di arrecare disturbo alla quiete pubblica (Cass., Sez. 1^, 26/10/1995, n. 11868) mentre elemento essenziale della fattispecie di reato in esame è l’idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone e non già l’effettivo disturbo alle stesse (Cass., Sez. 1^, 13/12/2007, n. 246) di guisa che rispondono del reato di cui all’art. 659 comma 1 c.p. gli imputati per non aver impedito, nonostante le reiterate proteste delle pp.ll., il molesto abbaiare, anche in ore notturne, dei due cani di loro proprietà, custoditi nel cortile della loro abitazione (per una fattispecie simile: Cass., Sez. 1^, 19/04/2001).

4. I ricorsi sono, pertanto, inammissibili ed alla declaratoria di inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle spese del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare in Euro 1000,00 per ciascuno dei ricorrenti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno di essi, inoltre, al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

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